Nel nostro scambio di email, qualche giorno prima del matrimonio, Alice mi ha scritto così:
“Ciao Alessandro,
Dopo la cerimonia mi immagino un momento più leggero, con meno tensione. Ma allo stesso tempo ho paura che qualcosa sfugga: le reazioni degli amici, gli abbracci dei parenti, i giochi dei bambini, i dettagli della sala… Tu riesci davvero a raccontare tutto questo senza essere invadente?”
Le ho risposto con il cuore, perché so bene che durante il ricevimento, tra discorsi improvvisati, brindisi e risate, accade una magia spontanea.
Ed è lì che un certo tipo di fotografia fa la differenza: quella che non interrompe, non dirige, ma osserva.
Quella che coglie l’atmosfera senza far rumore.
Il ricevimento è un momento in cui la tensione si scioglie, i sorrisi si moltiplicano, le lacrime diventano leggere. I bambini iniziano a correre, gli amici si lasciano andare, gli sposi… si godono il momento.
E io sono lì, ma spesso non mi si vede.
Senza flash, senza fermare nessuno. Solo luce naturale e attenzione.
Raccolgo le emozioni che nascono tra un tavolo e l’altro, tra una risata e una carezza.
E quando la luce mi parla, a volte rubo uno scatto d’autore anche in mezzo a una sala piena.
Nel mio reportage il ricevimento non è mai una “pausa fotografica”.
È parte integrante del racconto.
E ogni brindisi, ogni gioco, ogni ballo – anche quello improvvisato – può diventare un ricordo prezioso.
Perché anche la leggerezza merita di essere ricordata.
















